Vuoi essere reindirizzato a uno dei nostri siti esterni e lasciare amgen.it?

ATTENZIONE, STAI LASCIANDO IL SITO WEB DI AMGEN. Amgen Italia non si assume la responsabilità e non esercita alcun controllo su organizzazioni, visite o accuratezza delle informazioni contenute su questo server o sito.

Intervista a Soren Giese in collaborazione con AboutPharma|NW



A cura di Stefano Di Marzio

COVID-19 sta cambiando le società, le economie, i rapporti tra gli Stati e molto altro ancora. La “domanda” di salute sta crescendo moltissimo. Quale scenario immagina per l’industria biotech nel prossimo futuro?

Per ogni organizzazione impegnata nella salute niente sarà come prima. Il tema della sanità pubblica acquisirà un nuovo ruolo e la domanda crescerà. Ma le risposte dovranno essere completamente nuove. Le politiche di distanziamento sociale dureranno a lungo: meno visite, meno accessi alle farmacie, ai laboratori d’analisi, ai servizi ambulatoriali… Invece, più telemedicina, più drug delivery, più strumentazioni virtuali. La digital health crescerà enormemente. Per le aziende, è un futuro tutto da costruire: nell’informazione scientifica, nello scambio di esperienze, nei servizi da offrire a medici e pazienti. Sarà un’occasione straordinaria di rinnovamento.


Quale l’impatto sui vostri programmi di R&D e sull’organizzazione? Può riassumere il senso e gli obiettivi dell’accordo con Adaptive?

Il nostro futuro è all’insegna dell’approccio “biology first”, cioè una conoscenza profonda dei meccanismi biologici, che si arricchisce dei dati genomici che via via raccogliamo. Su queste basi produrremo ancora innovazione. A partire dalle aree terapeutiche che conosciamo meglio: oncoematologia, cardiovascolare, malattie osteoarticolari, nefrologia, malattie infiammatorie. Un esempio di questa strategia è la recente acquisizione di apremilast, unico farmaco orale per l’area infiammatoria dalle grandi potenzialità, che va ad arricchire il nostro know-how nelle malattie infiammatorie. Ma Amgen è in prima linea anche in questa emergenza globale da Sars-Cov-2. Insieme ad Adaptive, biotech americana con forti competenze in immunoterapia, stiamo facendo uno screening degli anticorpi nel sangue di chi è già guarito da COVID-19. Cerchiamo quelli più potenti, i “super-anticorpi” capaci di neutralizzare il virus. Per realizzare terapie mirate, per curare e anche prevenire l’infezione.

Quale il contributo che sta dando l’azienda all’emergenza in Italia?

In Italia ci siamo attivati appena l’epidemia si è manifestata. Ci siamo subito impegnati verso le fasce più fragili della popolazione. In accordo con la Regione Lombardia, l’area più colpita dall’emergenza, stiamo consegnando a domicilio, a più di 3.000 pazienti con malattie croniche, i farmaci ospedalieri Amgen con cui sono in cura. Sono pazienti con psoriasi, artrite psoriasica, artrite reumatoide, porpora trombocitopenica autoimmune e ipercolesterolemia. Con il nostro intervento riusciamo a garantire a tutti loro la continuità terapeutica. E abbiamo appena ampliato lo stesso programma alla Regione Lazio. Abbiamo anche avviato, insieme alla start up sociale UGO, un programma di assistenza a domicilio di persone over 65 o in difficoltà. In molte importanti città italiane, a queste persone vengono consegnati a domicilio generi alimentari e farmaci, per l’intera durata dell’emergenza.


Intanto, spostando lo sguardo oltre la pandemia, questo è un anno speciale per Amgen, quello in cui celebrate i vostri 40 anni. Quali sono state le tappe più importanti della vostra storia?

Oggi Amgen è una multinazionale presente in tutto il mondo, ma le sue origini sono molto “americane”. L’America del 1980 presentava condizioni uniche, dal punto di vista scientifico ed economico: solo qui, forse, poteva nascere e avere subito successo una startup biotech, un’area tutta da scoprire... La prima tappa fondamentale di questi 40 anni è la clonazione della eritropoietina, con la tecnologia del DNA ricombinante. Una rivoluzione nel trattamento delle malattie del sangue. Da lì in poi le innovazioni firmate Amgen si susseguono. E anche i momenti memorabili. Per esempio nel 2001, quando Amgen va nello spazio a bordo di uno shuttle. Lì ci sono le condizioni ottimali per studiare come fermare l’osteoporosi. E di lì a poco abbiamo sviluppato un anticorpo monoclonale con cui abbiamo vinto il Prix Galien, il Nobel dei farmaci.Tutte le più significative tappe del percorso di Amgen si fondano sulla profonda conoscenza della biologia umana e dei suoi meccanismi. Nascono da qui i farmaci e le tecnologie più innovative. Come BiTE, piattaforma con cui sviluppiamo anticorpi che potenziano il sistema immunitario e lo aiutano a combattere le cellule tumorali. È un’altra svolta nei trattamenti oncoematologici. Per finire voglio citare non una singola tappa ma un principio base della ricerca Amgen: avvalersi della genomica per validare il maggior numero possibile di target farmacologici. È quello che ci ha fatto acquisire deCODE Genetics e altre aziende impegnate nel sequenziamento del genoma umano. Con loro Amgen sta realizzando data base genomici di dimensioni senza precedenti. Ci auguriamo che la prossima tappa storica venga dal lavoro che stiamo facendo ora sul COVID-19.