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A cura di Stefano Di Marzio
COVID-19 sta cambiando le società, le economie, i rapporti tra gli Stati e molto altro ancora. La “domanda” di salute sta crescendo moltissimo. Quale scenario immagina per l’industria biotech nel prossimo futuro?
Quale l’impatto sui vostri programmi di R&D e sull’organizzazione? Può riassumere il senso e gli obiettivi dell’accordo con Adaptive?
Il nostro futuro è all’insegna dell’approccio “biology first”, cioè una conoscenza profonda dei meccanismi biologici, che si arricchisce dei dati genomici che via via raccogliamo. Su queste basi produrremo ancora innovazione. A partire dalle aree terapeutiche che conosciamo meglio: oncoematologia, cardiovascolare, malattie osteoarticolari, nefrologia, malattie infiammatorie. Un esempio di questa strategia è la recente acquisizione di apremilast, unico farmaco orale per l’area infiammatoria dalle grandi potenzialità, che va ad arricchire il nostro know-how nelle malattie infiammatorie. Ma Amgen è in prima linea anche in questa emergenza globale da Sars-Cov-2. Insieme ad Adaptive, biotech americana con forti competenze in immunoterapia, stiamo facendo uno screening degli anticorpi nel sangue di chi è già guarito da COVID-19. Cerchiamo quelli più potenti, i “super-anticorpi” capaci di neutralizzare il virus. Per realizzare terapie mirate, per curare e anche prevenire l’infezione.
Quale il contributo che sta dando l’azienda all’emergenza in Italia?
Intanto, spostando lo sguardo oltre la pandemia, questo è un anno speciale per Amgen, quello in cui celebrate i vostri 40 anni. Quali sono state le tappe più importanti della vostra storia?
Oggi Amgen è una multinazionale presente in tutto il mondo, ma le sue origini sono molto “americane”. L’America del 1980 presentava condizioni uniche, dal punto di vista scientifico ed economico: solo qui, forse, poteva nascere e avere subito successo una startup biotech, un’area tutta da scoprire... La prima tappa fondamentale di questi 40 anni è la clonazione della eritropoietina, con la tecnologia del DNA ricombinante. Una rivoluzione nel trattamento delle malattie del sangue. Da lì in poi le innovazioni firmate Amgen si susseguono. E anche i momenti memorabili. Per esempio nel 2001, quando Amgen va nello spazio a bordo di uno shuttle. Lì ci sono le condizioni ottimali per studiare come fermare l’osteoporosi. E di lì a poco abbiamo sviluppato un anticorpo monoclonale con cui abbiamo vinto il Prix Galien, il Nobel dei farmaci.Tutte le più significative tappe del percorso di Amgen si fondano sulla profonda conoscenza della biologia umana e dei suoi meccanismi. Nascono da qui i farmaci e le tecnologie più innovative. Come BiTE, piattaforma con cui sviluppiamo anticorpi che potenziano il sistema immunitario e lo aiutano a combattere le cellule tumorali. È un’altra svolta nei trattamenti oncoematologici. Per finire voglio citare non una singola tappa ma un principio base della ricerca Amgen: avvalersi della genomica per validare il maggior numero possibile di target farmacologici. È quello che ci ha fatto acquisire deCODE Genetics e altre aziende impegnate nel sequenziamento del genoma umano. Con loro Amgen sta realizzando data base genomici di dimensioni senza precedenti. Ci auguriamo che la prossima tappa storica venga dal lavoro che stiamo facendo ora sul COVID-19.