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Milano, 24 ottobre 2024 Sono le donne giovani e senza figli quelle con la maggiore propensione allo smart working: il triplo (12,6%) rispetto alle donne con figli (4,5%) nella stessa fascia d’età. Tuttavia, le donne che utilizzano con maggior frequenza lo smart working temono rischi di carriera. Sono alcune delle evidenze emerse dallo studio condotto da un team di ricercatrici dell’Università di Milano Bicocca, in occasione della presentazione della certificazione sulla Parità di genere di Amgen Italia.
Per Amgen, multinazionale leader nelle biotecnologie farmaceutiche, 300 dipendenti e presente in Italia dal 1990, l’ottenimento della certificazione Uni Pdr/125 è stata l’occasione per approfondire l’analisi su effetti e aspettive generati dalla flessibilità lavorativa, che è una delle leve scelte per aumentare il benessere aziendale.
Nasce da qui lo studio Amgen-Bicocca “Flessibilità sul luogo e l’orario di lavoro: cosa ne pensano lavoratori e lavoratrici?”, che elabora in modo inedito i dati Istat “Forze di lavoro 2023-2024” in chiave statistica “multivariata”, finalizzata cioè a isolare gli effetti di una singola variabile, tra le tante che possono influenzare i comportamenti dei lavoratori.
Età, figli e smart working
Un primo aspetto emerso dalla ricerca riguarda l’adesione delle donne allo smart working rispetto a età e figli: nella fascia di età 25-34 anni, le donne senza figli lo utilizzano tre volte di più (12,6%) rispetto alle coetanee con figli (4,5%). A partire dai 40 anni, le differenze tra i due gruppi si riducono e le donne con figli ricorrono maggiormente a questa modalità lavorativa rispetto a quelle senza. Dopo i 50 anni, lo smart working declina e poi tende a stabilizzarsi.
Smart working e “soffitto di cristallo”
Anche il tema del “soffitto di cristallo”, l’esclusione delle donne dalle posizioni di alto livello, ha una ricaduta sulle analisi dello smart working, come spiega una delle autrici dello studio, Simona Comi, docente di Economia all’Università di Milano Bicocca: «I dati sullo smart working possono essere ingannevoli, perché di solito non tengono conto della reale composizione del mercato del lavoro per genere. Per esempio, mettono a confronto il livello di adesione al lavoro agile tra dirigenti uomini e donne che fanno le impiegate oppure tra uomini che svolgono attività manuali e donne che lavorano nei servizi, tutte situazioni in cui il ricorso allo smart working è molto diverso. La conseguenza è che le donne sembrano praticare lo smart working più degli uomini. Ma questo non è vero: infatti, se confrontiamo uomini e donne con lo stesso inquadramento gerarchico e lo stesso tipo di occupazione, scopriamo che ricorrono allo smart working nelle stesse percentuali».
Smart working: il modello Amgen
«I risultati della ricerca ci aiutano a perseguire le best practice in tema di parità di genere. In rapporto alle caratteristiche specifiche della nostra azienda, l’ampia flessibilità lavorativa del nostro modello garantisce un ambiente inclusivo e a supporto della conciliazione vita privata-lavoro», commenta Livia Alessandro, direttrice Risorse Umane di Amgen Italia. «Come testimonia anche la recente certificazione Uni Pdr/125, infatti, la presenza femminile complessiva in Amgen Italia è pari al 59% e nelle posizioni di top management raggiunge il 57%. Inoltre, tra i dati della certificazione emerge che il 100% delle madri torna al lavoro dopo la maternità, mentre il tasso di promozioni è identico (11%) sia nella popolazione maschile sia in quella femminile».
Amgen ha adottato un modello di “lavoro agile” basato sulla flessibilità in ingresso e in uscita dalle 7 alle 20 e la possibilità di usufruire dello smart working in modo esteso, con l’obbligo di lavorare in ufficio solo per due giorni al mese. Queste misure, unitamente a politiche aziendali che promuovono l’equità remunerativa, il sostegno alle carriere femminili e il bilanciamento lavoro/famiglia, hanno generato un ampio consenso da parte delle dipendenti e sono valse all’azienda la certificazione Uni Pdr/125.
Lo studio Amgen-Bicocca, presentato ad Amgen Italia dalle docenti Simona Comi, Laura Pagani e Emanuela E. Rinaldi dell’Università di Milano Bicocca, è stato realizzato sui dati 2023-2024 tratti dalla “Rilevazione sulle forze di lavoro (RFL)” dell'Istat, che ogni anno intervista un campione di oltre 250mila famiglie residenti in Italia (circa 600mila individui) distribuite in quasi 1.400 comuni italiani. Complessivamente, le donne presenti nel campione – occupate con lavoro dipendente, di età tra i 20 e i 65 anni ¬– sono circa 95mila.
Nel grafico, l’andamento della partecipazione allo smart working da parte delle donne italiane, in funzione dell’età e della presenza di figli.
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Rossana Bruno
Head of Corporate Affairs, Amgen Italia
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