Vuoi essere reindirizzato a uno dei nostri siti esterni e lasciare amgen.it?

ATTENZIONE, STAI LASCIANDO IL SITO WEB DI AMGEN. Amgen Italia non si assume la responsabilità e non esercita alcun controllo su organizzazioni, visite o accuratezza delle informazioni contenute su questo server o sito.

Evolocumab migliora la stabilità della placca nei pazienti con sindrome coronarica acuta (SCA): nuovi dati dall'ESC 2021

Nuove evidenze positive nei pazienti con SCA che hanno iniziato il trattamento con evolocumab in fase acuta 

Evolocumab in aggiunta alla terapia statinica ottimizzata ha dimostrato efficacia doppia rispetto alle sole statine nel rendere più stabile la placca

I risultati forniscono una prospettiva meccanicistica della riduzione degli eventi cardiovascolari, osservati nei pazienti con malattia cardiovascolare aterosclerotica nello studio FOURIER

MILANO, 30 agosto 2021 – Amgen ha annunciato oggi i dati positivi dello studio di fase III HUYGENS che dimostrano come evolocumab in aggiunta alla terapia statinica ottimizzata aumenti in modo significativo le caratteristiche di stabilità della placca nei pazienti con malattia arteriosa coronarica (CAD, coronary artery disease), rispetto alla sola terapia statinica. Questi dati sono stati annunciati al Congresso ESC 2021, organizzato dalla European Society of Cardiology, dal 27 al 30 agosto. 

Gli eventi cardiaci sono spesso la conseguenza della rottura di una placca vulnerabile.1,2,3,4,5 La caratteristica principale della placca vulnerabile è un grande nucleo lipidico centrale con un sottile cappuccio fibroso che funge da parete o barriera che la mantiene integra.6

Per migliorare la prognosi dei pazienti con sindrome coronarica acuta è fondamentale ottenere la stabilità della placca – afferma il dott. Giuseppe Musumeci, Direttore Cardiologia, Ospedale Mauriziano, Torino – non solo di quella che ha causato l’evento acuto, ma anche delle altre placche presenti nell’albero coronarico. La stabilità della placca aterosclerotica può essere garantita dalla riduzione del colesterolo. Più riusciamo a ridurre il colesterolo LDL, maggiori sono le possibilità di stabilizzare la placca fino a una regressione della stessa. È fondamentale intervenire subito; riuscire a diminuire il colesterolo LDL nella fase post-acuta garantisce l’immediato blocco della progressione della placca favorendone la stabilizzazione. I dati dello studio HUYGENS sono importanti, perché dimostrano chiaramente che la significativa riduzione dei valori di LDL ottenuta con evolocumab si associa ad una stabilizzazione delle placche verosimilmente riducendo quindi il rischio di eventi successivi.”

Lo studio HUYGENS ha valutato se evolocumab, in aggiunta alla terapia statinica, potesse aumentare lo spessore del cappuccio fibroso, così da migliorare la stabilità della placca stessa.

Lo studio ha soddisfatto il suo endpoint primario: evolocumab in aggiunta alla terapia statinica ottimizzata ha infatti dimostrato di aumentare lo spessore del cappuccio fibroso di 42,7 µm (micron) rispetto a un aumento di 21,5 µm con la sola terapia statinica ottimizzata (75% versus 39%; p=0,01), come misurato mediante tomografia a coerenza ottica (OCT, optical coherence tomography). Con l’aggiunta di evolocumab lo spessore del cappuccio fibroso è quindi raddoppiato rispetto alle sole statine. Evolocumab ha anche migliorato tutti gli endpoint secondari dello studio, inclusa la riduzione dell’arco lipidico fino a -57,5° rispetto a -31,4° (p=0,01), come misurato mediante OCT.

La maggior parte delle sindromi coronariche acute è causata dalla rottura della placca e coloro che hanno avuto un infarto sono particolarmente vulnerabili a ulteriori episodi di rottura di placca, a dimostrazione dell´importanza dello spessore del cappuccio fibroso per contribuire a stabilizzare le placche”, ha affermato Stephen J. Nicholls, MD, PhD, professore di Cardiologia e direttore del Monash University Victorian Heart Institute di Melbourne (Australia), nonché primo autore dello studio HUYGENS. “Questi incoraggianti risultati riaffermano il potenziale di evolocumab ed evidenziano i benefici della molecola nei pazienti con SCA che hanno iniziato il trattamento precocemente”. 

I risultati dello studio randomizzato di 52 settimane – condotto in doppio cieco in pazienti con SCA in terapia statinica ottimizzata – dimostrano che il trattamento con evolocumab, iniziato entro una settimana dall’evento SCA, ha ridotto il C-LDL da 140 a 28 mg/dl (-80%) rispetto alla riduzione da 142 a 87 mg/dl (-39%) ottenuta con la sola ottimizzazione della terapia statinica. Non sono stati identificati nuovi rischi per la sicurezza. Gli eventi avversi più comuni emersi durante il trattamento (>3%) sono stati angina pectoris, mialgia, ipertensione, diarrea, astenia e tosse. 

Dati che arricchiscono e completano evidenze di studi precedenti.

Lo studio Glagov aveva dimostrato come l'impiego di evolocumab, terapia in grado di abbassare la colesterolemia LDL a valori impensabili fino a qualche anno fa, potesse ridurre il volume delle placche aterosclerotiche coronariche. Afferma Francesco Prati, Professore, Primario di Cardiologia, Azienda Ospedaliera San Giovanni – Addolorata, Roma e Presidente del Centro per la Lotta contro l’Infarto. Si tratta di un’osservazione importante che in parte giustifica i dati validi che si sono ottenuti con lo studio Fourier basati sull’ impiego di evolocumab in aggiunta ad una terapia ipolipemizzante ottimale.”

Continua il prof. Prati investigator principale dello studio per l’Italia “Lo studio HUYGENS ha fornito ulteriori informazioni e ha spiegato in modo più chiaro le modalità con cui l'abbassamento della colesterolemia con evolocumab migliori i risultati clinici. Importanti lavori di ricerca, resi possibili anche grazie all'esperienza dei ricercatori italiani sull’impiego della tecnica OCT, con la quale lo studio è stato condotto, ha permesso di mettere a punto il protocollo, definire con chiarezza come misurare le variazioni del contenuto di colesterolo delle placche aterosclerotiche e come rilevare lo spessore del cappuccio fibroso”.

Amgen continua a consolidare le evidenze a supporto del profilo clinico di evolocumab che dimostra i suoi benefici nei pazienti ad alto rischio di incorrere in un altro infarto o ictus”, ha dichiarato David M. Reese, MD, Vicepresidente esecutivo della Ricerca e Sviluppo Amgen. “Questo studio offre evidenze secondo le quali bassi livelli di C-LDL possono modificare le caratteristiche della placca coronarica.

Sebbene lo studio clinico HUYGENS non abbia valutato gli esiti cardiovascolari, i risultati confermano ulteriormente le evidenze positive a supporto del profilo clinico di evolocumab. I risultati di HUYGENS aggiungono approfondimenti di rilevo alla comprensione della biologia della placca e contribuiscono al tempo stesso a confermare l’importanza di avviare la terapia con evolocumab subito dopo un infarto. Cinquanta studi clinici – condotti su oltre 47.000 pazienti randomizzati a ricevere evolocumab o placebo – hanno dimostrato i benefici clinici di evolocumab, che comprendono la riduzione degli infarti miocardici e ictus, una rapida (entro quattro settimane) e drastica riduzione del colesterolo LDL sul lungo termine (mediana 2,2 anni) e una sicurezza costante nell’arco di un periodo di trattamento di cinque anni, coerentemente con lo studio FOURIER.7

I dati

Gli studi precedenti includono GLAGOV, che ha dimostrato come evolocumab – quando usato in aggiunta alla terapia statinica ottimizzata – riduca la dimensione delle placche, diminuendo il volume dell’ateroma, nei pazienti con CAD.8 Questo è stato il primo studio a dimostrare che la diminuzione dei livelli di C-LDL attraverso l’inibizione della PCSK9 riduce la dimensione della placca aterosclerotica. 

HUYGENS ha dimostrato che nei pazienti con CAD evolocumab in aggiunta alla terapia statinica ottimizzata ha migliorato in modo significativo una caratteristica chiave della stabilità della placca rispetto alla sola terapia statinica ottimizzata, aumentando lo spessore del cappuccio fibroso. HUYGENS potrebbe offrire una prospettiva meccanicistica nella comprensione della riduzione degli eventi cardiovascolari come osservato nello studio degli esiti di FOURIER.9 

Amgen nell’area terapeutica cardiovascolare

Da oltre quarant’anni Amen è in prima linea nello sviluppo di farmaci biotecnologici per i pazienti con malattie gravi. Amgen indirizza la propria Ricerca alla comprensione dei maggiori quesiti scientifici, al fine di migliorare le cure e la qualità di vita dei pazienti con malattie cardiovascolari, la principale causa di morbilità e mortalità in tutto il mondo.10 La Ricerca di Amgen nell’area cardiovascolare è tesa allo sviluppo di potenziali opzioni terapeutiche e fa parte di un più ampio programma che si avvale della genetica umana per identificare e convalidare alcuni specifici target farmacologici. Grazie al suo impegno nella Ricerca e Sviluppo, e in virtù delle sue partnership, Amgen sta costruendo un robusto portfolio cardiovascolare composto da diverse molecole approvate e sperimentali, con l’obiettivo di soddisfare importanti necessità cliniche attualmente disattese, come l’ipercolesterolemia e l’insufficienza cardiaca.

Per ulteriori informazioni, visita www.linkedin.com/showcase/amgen-italia; www.instagram.com/amgeninitalia; www.amgen.it.

Riferimenti

  1. Burke AP, Farb A, Malcom GT, Liang YH, Smialek J, Virmani R. Coronary risk factors and plaque morphology in men with coronary disease who died suddenly. N Engl J Med. 1997;336(18):1276-1282.

  2. Virmani R, Burke AP, Farb A, Kolodgie FD. Pathology of the vulnerable plaque. J Am Coll Cardiol. 2006;47(8 Suppl):C13-18.

  3. Mauriello A, Sangiorgi G, Fratoni S, et al. Diffuse and active inflammation occurs in both vulnerable and stable plaques of the entire coronary tree: a histopathologic study of patients dying of acute myocardial infarction. J Am Coll Cardiol. 2005;45(10):1585-1593.

  4. Stone GW, Maehara A, Lansky AJ, et al. A prospective natural-history study of coronary atherosclerosis. N Engl J Med. 2011;364(3):226-235.

  5. Narula J, Nakano M, Virmani R, Kolodgie FD, Petersen R, Newcomb R, Malik S, Fuster V, Finn AV. Histopathologic characteristics of atherosclerotic coronary disease and implications of the findings for the invasive and noninvasive detection of vulnerable plaques. J Am Coll Cardiol. 2013 Mar 12;61(10):1041-51. doi: 10.1016/j.jacc.2012.10.054. PMID: 23473409; PMCID: PMC3931303.

  6. Narula J, Nakano M, Virmani R, et al. Histopathologic characteristics of atherosclerotic coronary disease and implications of the findings for the invasive and noninvasive detection of vulnerable plaques. J Am Coll Cardiol. 2013;61(10):1041-1051.

  7. Amgen Data on File. 2021.

  8. Nicholls SJ, Puri R, Anderson T, et al. Effect of evolocumab on progression of coronary disease in statin-treated patients: The glagov randomized clinical trial. JAMA. 2016;316(22):2373-2384.

  9. Sabatine MS, De Ferrari GM, Giugliano RP, et al. Clinical Benefit of Evolocumab by Severity and Extent of Coronary Artery Disease: Analysis From FOURIER.

  10. World Health Organization. Cardiovascular diseases (CVDs). http://www.who.int/mediacentre/factsheets/fs317/en/. Ultimo accesso luglio 2021.