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Esmo 2023, per le molecole di Amgen importanti evidenze in alcuni dei tumori più difficili da trattare|CS

Nel tumore del colon-retto metastatico con mutazione KRAS G12C, la combinazione di sotorasib (960mg) e panitumumab raddoppia la sopravvivenza libera da progressione di malattia.

Nel tumore del polmone a piccole cellule in stadio avanzato tarlatamab mostra un tasso di risposta obiettiva (ORR) nel 40% dei pazienti e una sopravvivenza mediana complessiva (mOS) di 14,3 mesi.

Nel tumore al polmone non a piccole cellule avanzato l'esperienza italiana in pratica clinica conferma i dati di sotorasib degli studi registrativi.2-4

Milano, 23 ottobre 2023 – Durante l’ultimo Congresso Esmo sono stati presentati gli ultimi risultati dell’ambizioso programma di sviluppo di terapie first-in class di Amgen, leader globale nel settore delle biotecnologie, per alcuni dei tumori più difficili da trattare.


Nuove prospettive per il tumore del colon-retto metastatico con mutazione KRAS G12C

Il tumore al colon-retto (CRC) è la seconda causa principale di morte al mondo e rappresenta il 10% di tutte le diagnosi di tumore1. È anche la terza diagnosi più comune a livello globale2. In Italia solo nel 2022 ha colpito 48.000 persone.3

Le mutazioni KRAS sono tra le più comuni alterazioni genetiche nel tumore del colon-retto, tra queste KRAS G12C si presenta approssimativamente nel 3-5% dei casi.4,5,6

Per i pazienti con il tumore del colon-retto metastatico (mCRC) con recidiva dopo chemioterapia, nuove evidenze arrivano da Code Break 300, studio globale di fase 3, a cui ha partecipato anche l’Italia con 22 centri e un totale di 59 pazienti.

Lo studio, appena pubblicato sul New England Journal of Medicine, ha valutato due dosaggi di Lumykras® (sotorasib) (960 mg o 240 mg) in combinazione con Vectibix® (panitumumab). Nei pazienti con tumore del colon retto e mutazione KRAS G12C, refrattario alla chemioterapia, la combinazione con entrambe le dosi di sotorasib ha dimostrato una superiorità statisticamente significativa nella sopravvivenza libera da progressione di malattia (PFS) rispetto alla terapia standard. (PFS mediana LUMYKRAS 960mg e Vectibix = 5,6mesi; PFS mediana LUMYKRAS 240mg e Vectibix = 3,9 mesi; PFS mediana terapia di confronto = 2,2mesi).

Tra gli endpoint secondari, il tasso di risposta (Overall response rate ORR) ottenuto con la combinazione di sotorasib più panitumumab è risultato più elevato rispetto alla terapia standard (sotorasib 960mg: 26% [IC al 95%:15,3–40,3]; sotorasib 240mg: 6% [IC al 95%:1,2–15,7]; terapia standard scelta dallo sperimentatore: 0% [IC al 95%:0–6,6]).

«Con questi nuovi dati, sotorasib più panitumumab mostrano un'efficacia consistente nei diversi sottogruppi ad entrambi i dosaggi e supportano il razionale biologico della combinazione di queste due terapie mirate ai rispettivi target molecolari», commenta il dottor Filippo Pietrantonio, Unità di Oncologia Medica Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. «È importante sottolineare che meno del 20% dei pazienti con diagnosi del tumore del colon-retto metastatico sopravvive oltre i cinque anni; è quindi necessario di individuare nuove opzioni di trattamento, soprattutto per i pazienti che presentano la mutazioni KRAS G12C, per i quali non sono ancora disponibili terapie target evidence-based».


Tumore del polmone a piccole cellule (SCLC) in stadio avanzato: nuovi traguardi con l’impiego del primo BiTE® ad emivita estesa nei tumori solidi.

Il tumore del polmone a piccole cellule (small cell lung cancer o microcitoma) rappresenta circa il 15% di tutte le diagnosi di tumore al polmone7 e colpisce ogni anno, in Italia, oltre 6000 persone8.

Lo studio globale di fase 2 DeLLphi-301 appena pubblicato sul New England Journal of Medicine, ha valutato l’impiego di tarlatamab nei pazienti con tumore del polmone a piccole cellule (SCLC) in stadio avanzato che hanno fallito una o più precedenti linee di trattamento. Tarlatamab è una molecola bispecifica ad emivita estesa (HLE BiTE®), prima nella classe, che ha come bersaglio la proteina Delta-like 3 ligand (DLL3), presente in oltre l’85% dei casi di SCLC.

Con un follow up mediano di 10,6 mesi l’analisi dei dati che ha incluso 100 pazienti trattati con 10mg di tarlatamab, ha evidenziato un tasso di risposta (ORR, endpoint primario) del 40,0% (IC al 97,5%: 29,1-51,7): un risultato molto importante se si considera che, nello studio di fase 1 DeLLphi 300, il tasso di risposta è stato del 23,0% (NCT03319940).

Rispetto agli endpoint secondari, la sopravvivenza mediana libera da progressione (mPFS) è stata di 4,9 mesi, mentre la mediana di sopravvivenza complessiva (mOS) è stata di 14,3 mesi (IC al 95%: 10,8 -NS).

“Questo studio di fase 2 ha dimostrato risultati mai visti in precedenza - afferma Marcello Tiseo Direttore dell’UOC di Oncologia Medica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma e Professore Associato di Oncologia Medica dell’Università di Parma. - L’elemento di novità è il meccanismo d’azione di tarlatamab, perché è la prima molecola di una categoria di anticorpi bispecifici, impiegata per il trattamento dei tumori solidi. Lo studio ha arruolato 220 pazienti, un numero rilevante. Sono tutti pazienti che avevano ricevuto la terapia standard con platino e almeno un’altra linea di terapia. Un setting estremamente sfavorevole e sfidante con l’urgenza di individuare nuove opportunità terapeutiche. I risultati ottenuti nel 40% dei pazienti, con una mediana di sopravvivenza intorno ai 14 mesi, rappresentano un grande beneficio in un contesto di terza linea di trattamento.”

Per quanto riguarda la sicurezza, non sono state osservate differenze rispetto allo studio di fase 1. Le interruzioni dovute ad eventi avversi correlati al trattamento (TRAE), sono state poco frequenti (3,0%). Gli eventi avversi più comunemente riportati tra i pazienti nel gruppo trattato con tarlatamab alla dose di 10 mg sono stati: sindrome da rilascio di citochine (CRS; 51,1%), piressia (31,6%), disgeusia (25,6%) e diminuzione dell'appetito (23,3%). La sindrome da rilascio di citochine è stata in gran parte limitata alla prima e alla seconda somministrazione di tarlatamab, manifestandosi prevalentemente di grado lieve o moderato, ed è stata generalmente gestita con terapie di supporto. Alla dose di 10mg di tarlatamab, la sindrome da rilascio di citochine di grado 3 è stata minima (0,8%).

“L’impiego di tarlatamab ha aspetti peculiari, perché circa metà dei pazienti può avere una sindrome da rilascio citochinico, cioè un evento avverso, che richiede, soprattutto nel primo ciclo di terapia, che il paziente sia ricoverato.” Conclude il Prof. Tiseo “L’aspetto positivo è che la maggior parte di queste sindromi da rilascio citochinico sono di grado 1 o 2, quindi non di grado rilevante e pertanto gestibili, che non mettono a rischio il paziente.”

Amgen sta attualmente valutando l’efficacia clinica di tarlatamab in diversi studi. Uno studio di fase 3 DeLLphi-304 confronta tarlatamab con la chemioterapia standard nel trattamento di seconda linea dello SCLC. Inoltre, stanno per essere avviati altri due studi di fase 3 per pazienti con SCLC in diversi stadi di avanzamento di malattia e in un setting di trattamento più precoce.


Tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) in stadio avanzato con mutazione KRAS G12C: Lumykras® (sotorasib) conferma nella pratica clinica i dati degli studi registrativi

Al Congresso Esmo sono stati presentati i dati della pratica clinica italiana nell’ambito di un programma di accesso allargato di sotorasib in pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule e mutazione KRAS G12C pretrattato e in stadio avanzato.

I risultati, ottenuti su un campione di 196 pazienti trattati in 30 centri sul territorio nazionale, confermano l’efficacia e la tollerabilità della terapia orale con sotorasib già noti dagli studi registrativi. Complessivamente, il tasso di risposta (ORR) è stato del 26%, il tasso di controllo della malattia (DCR)del 57%, la mediana della sopravvivenza libera da progressione (PFS) è stata di 5,8 mesi (IC al 95%: 5 – 6,5).

“L’ampia esperienza clinica maturata in Italia negli ultimi anni nei diversi programmi di accesso allargato – che hanno consentito il trattamento di oltre 600 pazienti sul territorio nazionale - trova oggi riscontro in questi primi dati di real world evidence che confermano l’efficacia e la sicurezza della terapia orale con sotorasib nel NSCLC con mutazione KRAS G12C pretrattato, setting nel quale la chemioterapia rappresenta ad oggi l’unica opzione terapeutica disponibile, seppur con performance subottimali”. Conclude la professoressa Silvia Novello, Direttore Unità Oncologia Toracica, San Luigi di Orbassano (TO), prof Ordinario di Oncologia Medica presso l’Università di Torino e Pres. Associazione WALCE – Women against lung cancer in Europe.


Amgen
L’impegno di Amgen è teso a esplorare le potenzialità della biologia per rispondere alle urgenze dei pazienti affetti da gravi patologie, rendendo disponibili terapie innovative frutto della propria attività di ricerca, sviluppo e produzione. Si tratta di un approccio che si basa sugli sviluppi più avanzati della ricerca genetica per affrontare la complessità delle malattie e comprendere gli aspetti fondamentali della biologia umana. Amgen concentra le sue attività sulle aree che presentano importanti esigenze mediche ancora non soddisfatte e fa leva sulle proprie competenze per sviluppare soluzioni che migliorino la salute e, più in generale, la qualità della vita delle persone lungo l’intero percorso terapeutico. Tra i pionieri delle biotecnologie a partire dal 1980, Amgen è cresciuta fino a diventare uno dei leader mondiali del settore, ha raggiunto milioni di pazienti in tutto il pianeta e sta sviluppando una pipeline di farmaci dalle potenzialità altamente innovative. Amgen è una delle 30 aziende inserite nel Dow Jones Industrial Average e fa anche parte dell’indice Nasdaq-100. Nel 2023, è stata nominata uno dei "Migliori Luoghi di Lavoro d'America" da Newsweek, uno dei "Leader per il Clima d'America" da USA Today.




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